Oggi è il giorno numero 47. Sono 47 giorni che non possiamo uscire di casa e sono passati solo 5 anni da quell’intervento di Bill Gates al TED Talks nel quale predisse gli effetti disastrosi di un’eventuale pandemia.
Sono passati 47 giorni e per la prima volta ho sentito il bisogno di fare un bilancio. Quindi mi sono chiesto: ma Bill Gates aveva ragione?
Mi sono dato molte risposte, alcune molto vicine alla sua idea mentre altri aspetti, più complessi, proverò ad analizzarli.
Perchè sì, basta guardarsi intorno per essere d’accordo con lui tanto quanto basta ai media per gridare “Bill Gates è un profeta!”, ma bisogna tener conto di una cosa: quella di Billy fu un’analisi predittiva, certamente arricchita e potenziata dal suo genio visionario, ma rimane un’analisi, una predizione, e per quanto possa sembrare realistica non potrà mai sfondare il muro della vita reale, del disastro reale, di tutto quello che noi, purtroppo, stiamo toccando con mano.
Non (tutti) siamo pronti
Il lavoro che faccio mi permette da sempre di confrontarmi con imprenditori e aziende di qualsiasi settore merceologico. L’informatica è presente in tutte le categorie di mercato e mai come in questa pandemia il popolo italiano si è reso conto di aver bisogno della tecnologia.
Sono stati giorni impegnativi. Ma partiamo dall’inizio.
La primissima cosa che ho notato è stata la totale disabilità digitale di alcune categorie lavorative che, da un giorno all’altro, si sono ritrovate senza computer e senza ufficio. E di conseguenza, senza possibilità di lavorare da casa.
Ho prestato consulenza ad amici, colleghi, conoscenti, a telefono e via mail, ho ricevuto richieste di aiuto anche nei Direct di Instagram. Ho installato pacchetti Office, ho configurato Cloud e messo in condivisione cartelle e documenti, ho migrato database, convertito dati e file. Ho installato pure due stampanti.
Insomma, per quelli come me che fanno dell’ufficio casalingo un tempio con tutte gli strumenti del lavoro, l’opera di beneficenza in questo periodo è stata quella di evitare che alcuni imprenditori si fermassero completamente.
Siamo onesti, l’unica categoria sociale che non ha minimamente risentito degli effetti della quarantena perchè super-attrezzata a casa e per nulla incline a stringere nuovi rapporti è stata quella dei nerd. Di cui faccio orgogliosamente parte.
Quindi, la prima idea che porterò con me da questa esperienza è che sullo smart working si è parlato tanto (qui vi do 5 consigli bizzarri per sfruttarlo al massimo), ma che moltissime persone non posseggono i requisiti minimi per praticarlo. Nessuna condivisione dei documenti su cloud. Connessioni internet scadenti. Spesso neanche un computer.
Tranquilli, è tutto fuori controllo
“Due secondi prima del Big Bang, Dio stava dicendo alla stampa che era tutto sotto controllo. “
– Mauroemme
La maggior parte dei disastri della razza umana, di natura economica o meno, è riconducibile alla mancanza di previsione.
Lo scoppio della bolla economica nel mercato dei subprime che ha dato inizio alla Grande Recessione, il sovraccarico del reattore nella centrale di Chernobyl, un gigantesco iceberg che taglia in due il Titanic.
Di contro, coloro che invece sono stati bravi ad “immaginare” un possibile futuro e quindi agire di conseguenza, non solo i disastri li hanno evitati ma quasi sempre si sono arricchiti. Vengono chiamati “visionari”, ne abbiamo tanti, ma forse quello che più ricordiamo nella cultura pop-digital è senza dubbio Steve Jobs.
Durante la pandemia è successo proprio questo.
Tutte le aziende che negli anni hanno investito in tecnologia, e-commerce, CRM, digitalizzazione dei processi hanno avuto le armi per affrontare la pandemia. Sì, per “affrontare” la pandemia, non per affrontarla in modo diverso da chi invece non si è mai accostato al digitale. Perchè quelle aziende di armi non ne hanno avute e, probabilmente, non riapriranno.
Tutti si stanno accostando al mercato digitale e al controllo dei processi, spinti da una necessità che prima di oggi non avevano mai percepito ma che era lì, pronta ad esplodere. Vedo aziende svendere e-commerce, pubblicità su come fare le call di gruppo, CRM che volano a destra e sinistra.
La digitalizzazione non è un bene assoluto nè materiale, di conseguenza non garantisce un risultato e soprattutto non lo fa nell’immediato. Se vuoi approfondire il discorso, scrivimi in privato o tramite la mia azienda.
Il progresso non è naturale
Alla fine dei giochi è chiaro che non siamo pronti. Ma non lo siamo soprattutto dal punto di vista digitale. E per capire davvero cosa intendo aiutiamoci immaginando 2 scenari.
Primo scenario: il Covid-19 con la mortalità dell’ebola. 8 mesi di quarantena forzata. Se dopo 2 mesi l’economia italiana potrebbe perdere il 6% del Pil e oltre (fonte: la Repubblica), cosa potrebbe accadere con 8 mesi di stop?
Secondo scenario: stesso virus, stesso periodo di quarantena del primo scenario ma con tutte le PMI attrezzate per il delivery, un e-commerce, una strategia di comunicazione efficace per restare in contatto con i clienti, CRM e gestionali per quelle aziende un po’ più strutturate e con più dipendenti. Cosa accadrebbe in questo caso? Avremmo gli stessi problemi? L’Italia andrebbe in recessione lo stesso, sì, ma con la stessa violenza?
Non lo sapremo mai. Ma questa esperienza ci ha insegnato altro: che il progresso non è naturale.
La frase, pronunciata da Elon Musk e a sua volta presa in prestito da Michael Bloomberg (ex sindaco di New York e per diversi anni nella top 10 delle persone più ricche del mondo) è il riassunto di tutto questo paragrafo.
Non ci saranno miglioramenti nella nostra vita né tantomeno nel nostro lavoro se non li accompagneremo con scelte forti.
Nessuna tecnologia busserà alla porta del vostro ufficio auto-installandosi sui server della vostra azienda.
Qualcuno a volte ci prova investendo e comprando software, così le aziende confondono la digitalizzazione con l’acquisto di tecnologie (ne parlo qui).
Ma non funziona così, il progresso va accompagnato e soprattutto vissuto.
Il regresso, invece, è del tutto naturale e automatico.
Conclusioni: ma Gates ha ragione o no?
Sì e no. Dipende da noi.
Billy si riferiva ai governi ed è chiaro che a livello globale abbiamo fatto più schifo che altro. Mancanza di macchinari sanitari, scelte politiche discutibili, incoscienza di alcuni. Ma deve essere questa la nostra preoccupazione? Sì che deve esserlo, probabilmente in cabina elettorale. Ma solo lì. Per un giorno e basta.
I governi amministrano i popoli e i popoli sono fatti di singole persone.
Credo che la nostra preoccupazione più grande debba essere quella di farci trovare pronti. Come singoli individui prima e come collettivo poi.
Dobbiamo essere autonomi, in qualsiasi posto ci troviamo e qualsiasi lavoro facciamo. Dobbiamo usare la tecnologia, sfruttarla, inglobarla. Farla a pezzi. Perchè oggi il mercato offre soluzioni che possono evitarci di finire in rovina, di non poter più comprare da mangiare.
In questi 47 giorni credo di aver preso almeno 5 kg ma ho anche studiato, lavorato, aiutato gli altri, acquisito nuove competenze lavorative, ho completato il mio sito web, ho rispettato le regole di governo e non ho mai avvertito la sensazione di non poter fare quello che so di saper fare, mi sono sempre sentito pronto e per quel che ho potuto ho aiutato gli altri a fare lo stesso.
Ma non tutti sapevano di poter essere qualcosa di diverso. E questo oggi lo so per certo.
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